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martedì 19 ottobre 2010

DESOLIDAR


La voce del capo dei soccorsi arrivava chiara in ogni minimo angolo dell’immensa piazza, come se ciascuno dei presenti lo avesse accanto a sé. Questo confortava i disgraziati molto più di quanto si aspettavano. Riusciva a tranquillizzare persino chi sapeva di  non farcela. Dopo i primi minuti in cui disse che la grande crisi rendeva impossibile sostenere ed aiutare gli eroici pionieri a sopravvivere in quel posto che sembrava oramai al collasso, li invitò a dividersi per settori circolari in  base alle fasce d’età e alla condizione fisica. Infine spiegò, con parole semplici e appassionate, comprensibili per chiunque, i motivi delle scelte effettuate dallo stato, concludendo che lo stato non può sprecare le poche risorse rimaste ancora a disposizione e il perché della necessaria presenza delle truppe militari in quell’operazione. Una volta che i soldati si inserirono tra un settore e l’altro dei cerchi, proseguì con il dettare le modalità dell’evacuazione.
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Procederemo prima con i bambini in salute. Poi saranno portati in salvo tutti coloro in grado di darsi da fare con energia e i cui parenti si sono offerti di sostenerli fintanto che non si saranno rimessi in sesto. Seguiranno coloro che hanno parenti stretti in grado di prendersi cura di loro, e a seguire chi ha qualcuno che si è dichiarato disponibile a dargli una mano. Tutti gli altri dovranno aspettare tempi migliori. Tra questi ultimi, chi ha capacità e professionalità di rilievo, o precisi requisiti di salute, potrà fare un richiesta di sostegno che sarà inoltrata alle persone indicate. I militari tra di voi hanno i moduli da compilare al più presto e ordineranno agli aventi diritto di fluire dal proprio settore verso le navi di soccorso. Chiunque non sia chiamato deve restare dov’è.
Le operazioni di selezione durarono diverse ore e nessuno osò reclamare, fintanto che nella piazza restarono alcune migliaia di persone, di ogni età e condizione di salute.
Ma io ho una sorella!” gridò una giovane donna. “E io ho due figli!” gridò un uomo anziano. “I miei ex mariti mi passano gli alimenti per i bambini che vi state portando via!” Gridò disperata una donna matura. E così tanti altri. Chi per una ragione e chi per l’altra, chiunque avesse o credeva di avere qualcuno che poteva dargli una mano, non voleva accettare di restare in quel pianeta ostile, senza scorte né altro per sopravvivere. Tranne gli orfani e chi invece aveva contato sempre e solo sulle proprie forze. Dopo un primo momento di caos, furono raggruppati e circondati dagli armati. Un silenzio di fango avvolse le loro menti. Tuttavia, proprio chi non aveva nessuna speranza, si diede da fare per riportare una qualche luce tra i condannati.
Al mattino successivo, le operazioni per la partenza erano oramai al termine. Poco prima del via una donna ed un uomo di mezza età supplicarono il capo dei soccorsi di essere ascoltati per qualche minuto, prima di essere lasciati al loro destino. Il capo acconsentì non senza una punta d’irritazione. “Abbiamo deciso che chi resta si prenderà cura l’uno dell’altro. Vorremmo solo che voi, una volta tornati a casa, lo faceste sapere a tutti.” Disse con gentilezza l’uomo. “Non vi servirà!” Sibilò cinico il capo. “A noi no, ma forse a voi sì.” Rispose la donna, e lo implorò con passione. “Ce lo prometta in nome del nostro sacrificio!”.
I due sapevano che il capo dei soccorsi era un uomo dalle idee piuttosto rigide e ben difficile da commuovere, ma che se dava la sua parola l’avrebbe mantenuta. Quello scrollò le spalle seccato e, tuttavia, promise che avrebbe informato la gente sulle navi di questa loro intenzione, ma niente di più. Era certo che i profughi, in meno di qualche giorno, se ne sarebbero dimenticati. Ad un suo subalterno che gli chiese il motivo di quella promessa, rispose che era un’antica tradizione rispettare il desiderio di un condannato a morte. “Sciocchezze che danno ai condannati l’illusione che il boia rispetti almeno la loro morte.

Dieci anni dopo, il pianeta morente sembrava non voler concludere la sua agonia. La crisi, una delle tante che si succedevano nell’impero degli uomini, era passata e sul pianeta furono mandate delle navi, con al comando lo stesso uomo di dieci anni prima. Certi che oramai nessuno era rimasto vivo, lo scopo della spedizione era di saccheggiare i grandi giacimenti ancora intatti, prima del collasso. Senza le comunità dei coloni e le loro intermediazioni per lo sfruttamento, avrebbero fatto molto prima e molto meglio. Una volta pronto il primo carico, il pianeta fu scosso da terribili devastazioni naturali. L’intera flotta prese la rotta di casa con le stive vuote e con pochi superstiti. Giunti sul pianeta madre vennero raccolti in una enorme piazza dalle truppe militari, dove la voce del capo supremo spiegò loro perché erano stati divisi tra chi aveva parenti o amici che garantivano per la loro sopravvivenza e chi no. Il vecchio capo spedizione sorrise amaramente quando insieme alla maggioranza fu spedito via in un vascello privo di scorte alla deriva nello spazio.
In quel momento, in un angolo sperduto del pianeta morente, il luogo al riparo dai grandi sconvolgimenti tanto cercato, un ennesimo vagito si diffondeva nella piccola comunità degli esclusi.


Nik Redian è l'orfano orgoglioso

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